Tra chi di Somma e dintorni è solito andare in cerca di pace sull'alzaia del Ticino, sono certamente in molti a conoscere la diga del Panperduto. Vi si può arrivare scendendo dalla frazione di Maddalena, oppure appunto percorrendo l'alzaia del fiume nel tratto immediatamente a valle della spiaggetta della Canottieri. Personalmente consiglio la seconda opzione, in quanto quel tratto di alzaia è chiuso al traffico, prestandosi quindi idealmente a quel genere di passeggiata rilassante e riappacificante di cui in fondo tutti noi abbiamo bisogno ogni tanto nella vita.
L'alzaia presenta ancora l'antico manto realizzato con ciottoli del Ticino, e passando proprio sotto al terrazzamento naturale del Belvedere riesce anche nella piena calura estiva a regalare un gradevole fresco e tanta quiete. Peccato solo per i miasmi derivanti dallo scarico di Càbagaggio, che proprio in quella zona sfocia nel fiume rendendo dissonante un accordo altrimenti perfetto!
L'alzaia presenta ancora l'antico manto realizzato con ciottoli del Ticino, e passando proprio sotto al terrazzamento naturale del Belvedere riesce anche nella piena calura estiva a regalare un gradevole fresco e tanta quiete. Peccato solo per i miasmi derivanti dallo scarico di Càbagaggio, che proprio in quella zona sfocia nel fiume rendendo dissonante un accordo altrimenti perfetto!
alzaia del Ticino che collega la zona della Canottieri alla diga di presa del Panperduto Photo by Andrea Perotti |
La diga è bellissima, da levare il fiato, sembra uscita da una foto d'epoca, di sera poi con l'illuminazione artificiale è un tuffo al cuore, ma per quanto bella sia questa diga resta in realtà solo la copertina di un libro che non si può assolutamente non leggere. E' l'opera di presa del complesso idraulico, il primo tassello, e fermarsi lì sarebbe un peccato, ve l'assicuro. Dunque il mio consiglio è quello di proseguire. Dedicate all'ammirazione della diga il tempo che giustamente essa merita, ma poi andate avanti ed entrate in quel libro, non ve ne pentirete...
la diga del Panperduto vista dalla Canottieri Photo by Andrea Perotti |
diga del Panperduto al tramonto Photo by Andrea Perotti |
Superata la diga l'alzaia scende leggermente divenendo asfaltata, e passa proprio davanti all'edificio che un tempo ospitava i manovratori delle chiuse e le rispettive famiglie, quell'edificio è ora divenuto un ostello, parte di un progetto di riqualificazione dell'area a fine turistico.
Da qui in poi non stiamo più camminando in fianco al fiume, bensì alla conca di navigazione ed al bacino di calma (detto anche "di presa") del complesso idraulico del Panperduto.
Da qui in poi non stiamo più camminando in fianco al fiume, bensì alla conca di navigazione ed al bacino di calma (detto anche "di presa") del complesso idraulico del Panperduto.
alzaia asfaltata del bacino di calma del Panperduto Photo by Andrea Perotti |
la diga di presa vista dal bacino di calma del Panperduto Photo by Andrea Perotti |
Percorso anche questo tratto asfaltato dell'alazia si arriva ad una seconda diga, la diga di regolazione di Maddalena, la quale fa anche da ponte, nonchè da divisorio tra il bacino di calma ed i preziosi storici canali che dal suo ventre sgorgano.
La diga di regolazione, in mattoni rossicci lasciati a vista, è decisamente più anonima rispetto a quella di presa, non viene ammirata o fotografata quanto la sua antecedente, ma è lei in realtà il cuore del sistema, una silenziosa instancabile lavoratrice, che da oltre un secolo a testa bassa esegue il compito a lei affidato senza mai lamentarsene.
La diga di regolazione, in mattoni rossicci lasciati a vista, è decisamente più anonima rispetto a quella di presa, non viene ammirata o fotografata quanto la sua antecedente, ma è lei in realtà il cuore del sistema, una silenziosa instancabile lavoratrice, che da oltre un secolo a testa bassa esegue il compito a lei affidato senza mai lamentarsene.
"Presa" & "Regolazione" .... due sorelle dal carattere diametralmente opposto, esibiziosista ed altezzosa la prima, timida ed umile la seconda, ma non possono fare a meno l'una dell'altra, lo sanno, per cui non gli resta altra soluzione che sopportarsi vicendevolmente dandosi le spalle...
la diga di regolazione di Maddalena vista dal Canale Industriale Photo by: Andrea Perotti |
l'inizio dei canali in una foto scattata da sopra la diga di regolazione Photo by: Andrea Perotti |
Prima di salire sulla diga di regolazione vi invito a riflettere qualche minuto, onde comprendere appieno il valore di ciò che sta per venire a trovarsi sotto ai vostri piedi. Mi è infatti doveroso ricordarvi cosa rappresenti quest'opera idraulica per la storia dell'intera regione, e con quali immani sacrifici la si sia a lungo rincorsa e poi finalmente conquistata.
Per dieci secoli Milano ha concentrato in quest'area enormi sforzi ed aspettative di vita, per la disperata necessità di poter sfruttare a fine irriguo le acque del Ticino. Secoli di scavi, tra Maddalena e Castelnovate, nel tentativo di creare una conca artificiale di derivazione delle acque del fiume, dalla quale poi far partire una rete di canali che portassero acqua non solo al milanese, ma anche a tutta quella gran parte di pianura lombarda che d'acqua era ai tempi assai carente.
Lavori più volte interrotti o spazzati letteralmente via dall'irascibilità del fiume, che durante alcune devastanti piene (memorabile soprattutto quella del 1177 che modificò in vari punti il percorso del fiume e rimodellò completamente la zona del Panperduto...) resettò quanto fin lì ottenuto dagli scavi in corso d'opera, vanificando gli sforzi profusi ed obbligando tutti a ripartire ogni volta da zero.
Con la possibilità di incanalare quell'acqua l'intera regione avrebbe potuto contare su una capacità di produzione agricola (e successivamente anche industriale ... perchè ricordiamoci che quando non esisteva l'energia elettrica era l'acqua ad azionare i macchinari...) ben maggiore, riuscendo così a far fronte a periodi storici di carestia e di estrema povertà che invece purtroppo causarono vere ecatombi.
Quanto pane in più si sarebbe potuto produrre? E quanti sforzi vanificati dalle devastanti piene del fiume? Da ciò deriverebbe l'appellativo di "Panperduto", con il quale l'area attuamente occupata dal complesso idraulico veniva chiamata già da secoli prima della sua realizzazione.
Lavori più volte interrotti o spazzati letteralmente via dall'irascibilità del fiume, che durante alcune devastanti piene (memorabile soprattutto quella del 1177 che modificò in vari punti il percorso del fiume e rimodellò completamente la zona del Panperduto...) resettò quanto fin lì ottenuto dagli scavi in corso d'opera, vanificando gli sforzi profusi ed obbligando tutti a ripartire ogni volta da zero.
Con la possibilità di incanalare quell'acqua l'intera regione avrebbe potuto contare su una capacità di produzione agricola (e successivamente anche industriale ... perchè ricordiamoci che quando non esisteva l'energia elettrica era l'acqua ad azionare i macchinari...) ben maggiore, riuscendo così a far fronte a periodi storici di carestia e di estrema povertà che invece purtroppo causarono vere ecatombi.
Quanto pane in più si sarebbe potuto produrre? E quanti sforzi vanificati dalle devastanti piene del fiume? Da ciò deriverebbe l'appellativo di "Panperduto", con il quale l'area attuamente occupata dal complesso idraulico veniva chiamata già da secoli prima della sua realizzazione.
Quando finalmente il 28 Aprile 1884 venne inaugurato il complesso idraulico del Panperduto, la qualità della vita in mezza Lombardia iniziò un processo di radicale miglioramento.
L'accelerazione impressa allo sviluppo agricolo, industriale, commerciale, economico e quindi demografico della regione da parte di queste dighe fu notevole.
L'accelerazione impressa allo sviluppo agricolo, industriale, commerciale, economico e quindi demografico della regione da parte di queste dighe fu notevole.
foto storica del complesso risalente al periodo dell'inaugurazione |
Comprendendo tutto ciò, un vero sommese dovrebbe provare un forte senso di orgoglio camminando in questi luoghi, e sia chiaro: che un sommese sia un vero sommese sarà il suo cuore a dirglielo, non di certo un certificato di residenza...
A me piace poggiare gli avambracci sul parapetto che guarda verso valle, e restare lì giusto un paio di minuti ad osservare l'acqua sottostante che, guizzante e schiumosa, esce dalle bocche sommerse della diga di regolazione prendendo la direzione per Milano. Adoro farlo all'alba, soprattutto in inverno, quando non c'è nessuno e posso stare da solo con lei, io e "Regolazione", un momento di magica intimità. Fisso l'acqua arrabbiata, respiro a pieni polmoni quell'aria che di lei è piena, ed il petto mi resta sempre un po' più gonfio, lo sguardo un po' più fiero ... da vero sommese lo ritengo inevitabile ....
A me piace poggiare gli avambracci sul parapetto che guarda verso valle, e restare lì giusto un paio di minuti ad osservare l'acqua sottostante che, guizzante e schiumosa, esce dalle bocche sommerse della diga di regolazione prendendo la direzione per Milano. Adoro farlo all'alba, soprattutto in inverno, quando non c'è nessuno e posso stare da solo con lei, io e "Regolazione", un momento di magica intimità. Fisso l'acqua arrabbiata, respiro a pieni polmoni quell'aria che di lei è piena, ed il petto mi resta sempre un po' più gonfio, lo sguardo un po' più fiero ... da vero sommese lo ritengo inevitabile ....
Ma ora veniamo al vero nocciolo di questo mio umile racconto, per il quale "Presa" & "Regolazione" hanno in realtà fatto solo da copertina e introduzione. Come detto all'inizio, quest'area è un vero e proprio libro di storia sommese, da gustarsi pagina dopo pagina... un libro imperdibile!
Percorsa la diga/ponte di regolazione, scendetene dal lato opposto e, anzichè prendere l'alzaia del Canale Industriale, andate dritti, c'è un piccolo edificio abbandonato lungo il cui lato sud parte un sentierino che subito scompare ingoiato dalla fitta vegetazione, gli appassionati di mountain bike lo chiamano "Single track della Diga di Maddalena" e si divertono a farlo a tutta velocità, perchè è stretto e veloce come una pista, in lieve discesa e pieno di radici, ed in fondo è bello che almeno loro lo valorizzino, perchè quello è anche e soprattutto un sentiero molto importante per la storia di Somma Lombardo, ed è triste saperlo dimenticato. Un tempo portava infatti all'antico mulino della Famiglia Malacrida, ai più noto come "Murin da Scima", un mulino del quale oggi non vi è più traccia, ma che viene citato da tutti i più importanti testi storici sommesi.
Rimasto in funzione fino all'anno 1903, il mulino della famiglia Malacrida aveva origini antichissime, collocabili presumibilmente nella prima metà del XV secolo, quindi prima ancora della nascita "ufficiale" della comunità di Maddalena (la piccola comunità agricola si sviluppò originariamente già agli inizi del XV secolo, ma il nome di "Maddalena" gli venne imposto solo nel 1626, a ricordo della Contessa Maddalena Trivulzio), e fu sempre nei secoli gestito dai Malacrida, che di generazione in generazione si tramandarono l'arte della macina dei frutti della terra. Ancora adesso infatti i Malacrida viventi a Somma, discendenti diretti di quei Malacrida, vengono dai meno giovani chiamati "Murnee", termine dialettale che signifca "mugnaio".
Il sentiero corre fra un trascurato canale sul suo lato destro, ed un'area industriale sul lato sinistro, e nel tratto iniziale incontra prima delle rovine, tra le quali le vestigia di un antico ponte in mattoni ed una muraglia semicrollata, e successivamente una passatoia in cemento di più recente fattura, con corrimano in ferro tubolare. Tutt'intorno piccole rogge e cascatelle, con acqua che, proveniente per lo più dal deflusso dello sfioratore del bacino di calma del Panperduto, inizialmente si fa più sentire che vedere, per quanto l'incuria della zona abbia nel tempo consentito alla vegetazione di riprenderne il possesso, ricoprendo il tutto e conferendo all'area un aspetto estremamente selvaggio e primordiale, o almeno così era prima che vi iniziassero i lavori di riqualificazione ambientale legati all'EXPO 2015 ed al progetto dell'idrovia Locarno-Milano.
La vista di cui si gode sul lato destro del sentiero nel suo tratto iniziale, soprattutto in primavera (e che dire dell'autunno...), mi folgorò la prima volta che ebbi modo di trovarmici, al punto tale che in un mio vecchio racconto mi venne istintivamente da definire quel luogo come "il Paradiso visto dal terzo anello di S. Siro" ... ahahah
Ma prima di proseguire occorre spiegare meglio il contesto, altrimenti non potrete MAI capire...
sentiero del canale di navigazione Photo by: Andrea Perotti |
canale di navigazione Photo by: Andrea Perotti |
canale di navigazione Photo by: Andrea Perotti |
una roggia sul lato sinistro del Canale di Navigazione Photo by: Andrea Perotti |
il Paradiso visto dal 3° anello di S. Siro Photo by: Andrea Perotti |
Quel canale sul lato destro del sentiero non è stato costruito dall'uomo, è stato Madre Natura a farlo, ed è quindi sempre stato lì da ben prima del complesso idraulico del Panperduto che ora tramite la cascata dello sfioratore lo alimenta. Si trattava un tempo di uno scarico naturale del fiume, un ramo secondario esterno, in cui passava acqua soprattutto nei periodi di elevata portata del Ticino. Questo ramo laterale partiva un tempo molto più a monte, ma il suo primo tratto non c'è più in quanto ricadeva nell'area poi oggetto degli scavi per la costruzione del bacino di calma del Panperduto. L'uomo lo sfruttò, rettificandolo, e modificandolo leggermente in modo da potervi garantire una portata meno variabile, e fu proprio quel ramo esterno del fiume a consentire nei secoli il passaggio alle piccole imbarcazioni, le quali potevano così evitare le temutissime rapide del Panperduto, quelle all'altezza delle quali sta ora la diga a stramazzo con i prismi, indicata sulle planimetrie del complesso idraulico come "Diga Villoresi", nome che attualmente non sento utilizzare da nessuno. Il ramo interno presente sull'altra sponda del fiume, molto simile a questo, termina infatti prima delle rapide, e non consente di evitarle.
Per tale motivazione quel ramo esterno del fiume veniva indicato, anche sulle mappe, come "Canale di Navigazione", perchè consentiva appunto la navigabilità del Ticino in quel tratto, o almeno per le imbarcazioni di modeste dimensioni, quelle che riuscivano a passarci, mentre quelle più grandi venivano estratte dall'acqua e trasportate su ruote oltre le rapide, con enormi perdite di tempo. Il ramo si ricongiunge con il fiume all'altezza della spiaggetta del Fogador.
il punto di ricongiungimento tra il Canale di Navigazione ed il fiume Photo by: Andrea Perotti |
planimetria del complesso idraulico del Panperduto |
Un video da me girato nel 2012 al canale di navigazione
Video by: Andrea Perotti
Un video da me girato nel 2012 durante un'esplorazione subacquea del canale di navigazione
Video by: Andrea Perotti
I resti di varie opere murarie, tra le quali anche forse il basamento di un'antica torre, fanno presupporre che il passaggio delle merci attraverso il canale di navigazione fosse un tempo soggetto a dazio, e che quindi vi fosse in loco personale di sorveglianza al pari di una dogana, ma è solo un'ipotesi. Tutta una serie di lavori di muratura proteggeva preventivamente il canale da eventuali piene del Ticino, questo venne fatto proprio sulla scorta di nefaste esperienze precedenti, perchè ricordiamocelo, qui ci si trova all'esterno di una curva a 90° che il fiume compie prima di buttarsi giù dalle rapide... Quando non c'erano ancora le dighe l'acqua qui scorreva veloce, incontrollata, e nei periodi di piena per forti e prolungate piogge riguardanti l'area occupata dal Lago Maggiore e dai suoi ben 14 affluenti, il Ticino (unico sfogo del lago) era solito tramutarsi rapidamente in una furia devastante, soprattutto in questo punto in cui incontra il suo primo repentino cambio di direzione.
Parte di queste opere murarie crollò tuttavia con la terrificante piena dell'Ottobre 1868, che andò oltre le capacità di previsione dell'uomo, causando anche lo smottamento del costone del Belvedere per quasi 300 metri di lunghezza, producendosi così un allargamento notevole dell'alveo del fiume sull'esterno della curva prima delle rapide. Le infrastrutture distrutte o lesionate non vennero ripristinate in quanto stavano ormai per avviarsi i lavori per la realizzazione del complesso idraulico del Panperduto, il quale avrebbe anche consentito di poter meglio gestire in futuro i momenti di piena, potendo all'occorrenza levare al fiume fino all'80% della sua portata.
Quella del 1868 fu infatti l'ultima delle piene del Ticino ad aver potuto liberamente seminare morte e distruzione, cose del genere da lì in poi non sarebbero mai più accadute.
Parte di queste opere murarie crollò tuttavia con la terrificante piena dell'Ottobre 1868, che andò oltre le capacità di previsione dell'uomo, causando anche lo smottamento del costone del Belvedere per quasi 300 metri di lunghezza, producendosi così un allargamento notevole dell'alveo del fiume sull'esterno della curva prima delle rapide. Le infrastrutture distrutte o lesionate non vennero ripristinate in quanto stavano ormai per avviarsi i lavori per la realizzazione del complesso idraulico del Panperduto, il quale avrebbe anche consentito di poter meglio gestire in futuro i momenti di piena, potendo all'occorrenza levare al fiume fino all'80% della sua portata.
Quella del 1868 fu infatti l'ultima delle piene del Ticino ad aver potuto liberamente seminare morte e distruzione, cose del genere da lì in poi non sarebbero mai più accadute.
In prossimità dell'attuale imbocco del canale di navigazione vede anche la luce una serie di piccole rogge, costruite secoli fa (non ho dati certi in merito) per volontà dei Visconti, chiaramente a scopo irriguo, ed ancora oggi parzialmente esistenti ed attive, seppur quasi completamente nascoste dalla vegetazione. Una ragnatela di canaletti che prende il nome di "Roggia Visconti", di cui godeva appunto il Murin da Scima, sebbene la specifica roggia che portava l'acqua alla ruota del mulino, forse collocabile in un'epoca più remota, sia purtroppo una di quelle non più attive, se ne apprezza però il residuo avvallamento lungo il lato sinistro del sentiero, un centinaio di metri più a valle, ormai solo un fossato ricoperto di sterpaglie...
Probabilmente la comparsa del mulino dei Malacrida fu antecedente alla creazione della Roggia Visconti, tuttavia è supponibile che, in tempi molto remoti, il mulino fosse di proprietà dei Visconti, e che la famiglia Malacrida vi lavorasse alle loro dirette dipendenze provvedendo alla macina dei prodotti della terra di tutta l'area servita dalla Roggia Visconti, e di parte della produzione dell'intero borgo sommese, ma è solo un'ipotesi, seppur credo molto attendibile.
Probabilmente la comparsa del mulino dei Malacrida fu antecedente alla creazione della Roggia Visconti, tuttavia è supponibile che, in tempi molto remoti, il mulino fosse di proprietà dei Visconti, e che la famiglia Malacrida vi lavorasse alle loro dirette dipendenze provvedendo alla macina dei prodotti della terra di tutta l'area servita dalla Roggia Visconti, e di parte della produzione dell'intero borgo sommese, ma è solo un'ipotesi, seppur credo molto attendibile.
Qualcuno si starà chiedendo il perchè di quel nome dato al mulino: "da Scima".
La rete di rogge si entende fino all'altopiano del Dosso, nella località un tempo chiamata "Funtan dal ram", e da lì una sola roggia lineare continua poi a seguire il fiume giungendo fino a Vizzola Ticino, borgo un tempo rientrante nel territorio di Somma. Lungo il sistema di rogge vennero costruiti successivamente altri due mulini, ancora oggi esistenti seppure in disarmo, privi della girante e trasformati in abitazioni. La rete di rogge servì quindi a lungo ben tre mulini, che i contadi presero l'abitudine per semplicità di chiamare "mulino in cima", "mulino di mezzo" e "mulino a valle", con chiaro riferimento alla loro collocazione lungo la Roggia Visconti. Il mulino centrale si chiama infatti ancora adesso "Murin da mez", ovvero "Mulino di mezzo", e quel "da Scima" abbinato al mulino dei Malacrida ne sottolineava il posizionamento all'inizio della roggia, dunque più a monte, "in cima" al complesso. Veniva anche indicato in epoca più recente come "Mulino di sopra", per le medesime motivazioni.
Il sistema funzionava egregiamente, e ne usufruirono a lungo anche i contadi del borgo di Somma, che per la macina del raccolto si servivano di questi mulini, oltre che di quelli presenti sul torrente Strona. Di pari passo allo sviluppo agricolo della zona ci fu un progressivo lento incremento dell'insediamento umano che portò di fatto alla nascita della comunità di Maddalena, inizialmente formata solo da una mezza dozzina di famiglie di agricoltori che qui avevano costruito i propri cascinali.
Ma quell'acqua non venne utilizzata soltanto con finalità agricole...
Compreso il potenziale idrico offerto da quella ben collaudata rete di canali, l'imprenditore Ermanno Mosterts scelse proprio questi luoghi per collocarvi un moderno impianto di filatura e candeggio, sottraendo quei reparti alla sede centrale del suo opificio presente dal 1867 a ridosso del Castello Visconti, nel centro di Somma, ove occorreva più spazio per far fronte al progressivo incremento di lavoro. I macchinari sarebbero stati azionati dallo scorrere di quelle acque, mediante nuove giranti posizionate immediatamente all'inizio della stessa roggia che, leggermente più a valle, serviva il Murin da Scima.
Correva dunque l'anno 1883 quando sul lato sinistro del canale di navigazione vide la luce il nuovo stabilimento del Mosterts, parte di quella realtà imprenditoriale che tanto avrebbe poi contributo a far conoscere nel mondo il nome di Somma, stiamo infatti parlando dello storico "Lanificio di Somma", ragione sociale che l'Azienda avrebbere però assunto soltanto nel 1916, e le cui omonime coperte sono tutt'oggi conosciute ovunque. I nuovi reparti occuparono un'area che si estendeva quasi dall'attuale alzaia del Canale Industriale fino al mulino dei Malacrida, a una cinquantina di metri dalla spiaggetta del Fogador (in un periodo successivo Mosterts sposterà comunque la produzione altrove, e lo stabilimento a ridosso della roggia passerà di mano cambiando proprietà e ragione sociale).
Nel 1885, quindi appena due anni dopo, la stessa idea venne replicata dal Duca Guido Visconti di Modrone, che fondò all'altezza del terzo mulino un nuovo opificio, poi specializzatosi in candeggio dei tessuti, ed appena più a monte comparve nel 1888 un importante ricamificio fondato dall'imprenditore Gerolamo Dolci.
Ricordo che l'elettricità arrivò qui da noi soltanto nell'anno 1900, per cui questi stabilimenti ricavavano l'energia necessaria a far funzionare i propri macchinari esclusivamente dalla rotazione di giranti azionate dal passaggio d'acqua nei canali della Roggia Visconti. Il ricamificio del Dolci ed il candeggio del Visconti di Modrone non esitarono a sfruttare per tal fine l'aiuto del secondo e del terzo mulino presenti sulla roggia principale (attualmente denominati Mulino di Mezzo e Mulino Risera), così come anche il distaccamento del lanificio del Mosterts godette della collaborazione della Fam. Malacrida per la produzione dell'energia necessaria al funzionamento dei macchinari, attività che divenne la prioritaria negli ultimi anni di attività del loro mulino, nel quale era tra l'altro stata avviata da tempo anche un'attività parallela di segheria/falegnameria.
Altro documento catastale con aggiunta a mano la posizione sulla roggia del Murin da Scima Per gentile concessione: Sig. Mario Malacrida |
Queste imprese manufatturiere offrivano numerosi nuovi ed ambiti posti di lavoro, e contribuirono dunque ad accelerare ulteriormente lo sviluppo edilizio e demografico della comunità di Maddalena, il numero di abitanti continuò progressivamente ad aumentare e Maddalena cessò di essere una comunità composta esclusivamente da agricoltori e mugnai.
L'arrivo a Somma della corrente elettrica nell'anno 1900 cambiò tutto, l'importanza della Roggia Visconti e dei suoi mulini subì un forte ridimensionamento, in quanto queste aziende non avevano più bisogno di servirsene, ed i mugnai di Maddalena si trovarono improvvisamente privati della loro principale fonte di guadagno. Tra l'altro successivamente all'inaugurazione del complesso idraulico del Panperduto la roggia aveva perso parte della sua portata.
La Fam. Malacrida prese una decisione dolorosa, ma inevitabile, spostarsi da un'altra parte, proseguendo però in quella tipologia di lavoro che ormai era divenuta inevitabilmente parte del proprio DNA.
In centro Somma, all'altezza dell'attuale incrocio tra il Sempione ed il viale della stazione (Via Ugo Maspero), si trovava un antico cascinale di proprietà dei Visconti, "Cascina Visconti" così veniva allora indicata quell'area composta da un edifico principale disposto su tre livelli, un edificio minore adiacente, ed un'ampia area verde circostante. Struttura in parte dismessa e da riattare, ma comunque con già in dotazione una piccola girante per la macina, servita (si presume, ma non vi è certezza) da una roggia derivata dal torrente "Rile" (il Rile era un torrentello ormai scomparso, scorreva in un avvallamento stretto ed inciso, scendendo da Mezzana fino a Cascina Mazzafame, avvallamento che poi venne riempito e coperto, ma il corso d'acqua sopravvive in profondità...). La Fam. Malacrida rilevò l'intera area e vi si stabilì, inaugurandovi un nuovo e moderno mulino, che in breve fu dotato di motori elettrici, non dovendo così più dipendere dalla presenza della roggia, che in breve scomparse ingoiata dal progresso... (il torrente Rile serviva anche un altro mulino ubicato nell'area attualmente occupata dai campi di calcio comunali, ne resta testimonianza nel significativo nome dato ad una piccola stradina che porta in quella direzione: Via Molino Secco).
Nacque così il "Mulino Malacrida" di Somma, che però erroneamente viene spesso menzionato come "Mulino Visconti", addirittura anche su alcune cartoline storiche che mi è capitato di visionare. Questo è un errore, ed è doveroso sottolinearlo, in quanto la struttura divenne dal 1900 proprietà esclusiva della fam. Malacrida, che per l'occasione costituì una propria società, senza nulla a che spartire con i Visconti (esisteva una società regolarmente costituita sotto il nome "F.lli Malacrida" con tanto di carta intestata, etichette e sigilli con il marchio sociale), quindi "Cascina Visconti" fino al 1900, e "Mulino Malacrida" dal 1900 in poi. Altro nome che veniva spesso usato per indicare questo mulino era "Mulino Sempione", per via della sua ubicazione.
C'è comunque da far presente che, essendo azionato elettricamente e non dallo scorrere dell'acqua, non presentava giranti esterne e non era lambito da corsi d'acqua, per cui visto da fuori più che un mulino sembrava un normalissimo edificio adibito a magazzino ed abitazione.
Un'altra bellissima foto d'epoca (per gentile concessione Sig. Mario Malacrida): in centro l'attuale Via Maspero, sulla destra la parte rivolta a nord dell'edificio dei Malacrida |
il lato "operativo" dell'edificio, quello rivolto a sud Foto scattata dal Sig. Mario Malacrida nel 1962 Per gentile concessione: Sig. Mario Malacrida |
Lo spostamento dell'attività dal vecchio e glorioso Murin da Scima, compresa quella di falegnameria/segheria che fu mantenuta, avvenne progressivamente, anche e soprattutto per via dell'esigenza di risistemare la nuova sede, e per circa un triennio risultarono funzionanti entrambi i mulini. Nel 1903 si completò il passaggio e cessò definitivamente l'attività nel vecchio mulino, il quale venne venduto, quindi rimosso e sostituito da opere edilizie facenti ora parte del complesso industriale adiacente.
Un vero peccato che proprio del più importante dei tre mulini della roggia non sia rimasta traccia alcuna...
Il nuovo mulino a motori elettrici rimase attivo per circa 60 anni, e fu in assoluto l'ultimo tra i mulini presenti sul territorio di Somma Lombardo a cessare l'attività di macina.
Il nucleo della famiglia Malacrida negli ultimi anni di attività del mulino sul Sempione era rappresentato da 8 fratelli (6 maschi e 2 femmine) e, nonostante tutti vivessero nello stesso complesso, solo 5 maschi erano impegnati nella gestione del mulino: Antonio, Coronato, Felice, Giosuè, e Giuseppe. Gli ultimi mugnai di Somma...
Mulino Malacrida - Foto scattata dal Sig. Mario Malacrida nel 1962 Per gentile concessione: Sig. Mario Malacrida |
L'attività chiuse i battenti nel 1962, e l'anno successivo i Malacrida vendettero l'intera area dividendosi in parti uguali il ricavato. La struttura venne rasa al suolo lasciando posto al cantiere per la realizzazione del "Condominio 400", nel quale uno soltanto di loro, il Sig. Felice, scelse di abitare con la propria famiglia.
Con la scomparsa del Mulino Malacrida voltò anche l'ultima pagina di quel meraviglioso libro cui vi ho introdotto, e con il libro si concluse definitivamente un'epoca il cui ricordo resta però vivo e forte negli occhi e nei cuori di chi ha avuto l'onore di viverla.
Andrea Perotti
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RIFERIMENTI
- Libro: "Somma Lombardo - Da borgo antico a città moderna" di Ambrogio Rossi
- Libro: "Antiche Località di Somma Lombardo - Nella storia, nella tradizione, nella leggenda" di Ambrogio Rossi
- Libro: "Somma Lombardo - Storia, descrizione e illustrazioni" di Lodovico Melzi
- Libro: "La Valle del Ticino - Culla di Civiltà" di Antonio Parini
- Sito web: http://www.etvilloresi.it/portal-villoresi/sv1.do
- Sito web: http://www.ticinoconsorzio.it/
- Sito web: http://www.prosestocalende.it/
- Sito web: http://www.naviglilombardi.it/
- Sito web: http://www.parcoticino.it/
RINGRAZIAMENTI
Un sentito e commosso ringraziamento lo rivolgo ad una sola persona, il Sig. Mario Malacrida, un vero Signore, esempio di umiltà, educazione e cordialità.
Mario, figlio di Felice Malacrida, ha vissuto fin dalla nascita nel condominio 400, edificio che, come raccontato nell'articolo, prese il posto del Mulino Malacrida. Anche io, adesso posso svelarlo, ho vissuto in quello stabile, per 21 anni, proprio sopra all'appartamento della Fam. Malacrida. Tra le nostre madri vi fu una grande amicizia.
A Mario Malacrida devo buona parte dei documenti, le foto storiche, ed alcune fondamentali informazioni che ho avuto modo di presentare all'interno di questo mio umile articolo, che senza il suo aiuto non avrebbe mai visto la luce.
Mario sorrideva raramente, ma non dimenticherò mai la gioia che colsi nel suo sguardo quando gli illustrai la mia idea di un articolo sulla storia della sua Famiglia, chiedendo la sua collaborazione, ne fu entusiasta.
Purtroppo Mario non ha fatto a tempo a leggere l'articolo, Mario ci ha lasciato improvvisamente, un mese fa. Aveva solo 68 anni, ed a lui questo articolo è dedicato.
Al Sig. Mario Malacrida
Con riconoscenza
Andrea
RIFERIMENTI
- Libro: "Somma Lombardo - Da borgo antico a città moderna" di Ambrogio Rossi
- Libro: "Antiche Località di Somma Lombardo - Nella storia, nella tradizione, nella leggenda" di Ambrogio Rossi
- Libro: "Somma Lombardo - Storia, descrizione e illustrazioni" di Lodovico Melzi
- Libro: "La Valle del Ticino - Culla di Civiltà" di Antonio Parini
- Sito web: http://www.etvilloresi.it/portal-villoresi/sv1.do
- Sito web: http://www.ticinoconsorzio.it/
- Sito web: http://www.prosestocalende.it/
- Sito web: http://www.naviglilombardi.it/
- Sito web: http://www.parcoticino.it/
RINGRAZIAMENTI
Un sentito e commosso ringraziamento lo rivolgo ad una sola persona, il Sig. Mario Malacrida, un vero Signore, esempio di umiltà, educazione e cordialità.
Mario, figlio di Felice Malacrida, ha vissuto fin dalla nascita nel condominio 400, edificio che, come raccontato nell'articolo, prese il posto del Mulino Malacrida. Anche io, adesso posso svelarlo, ho vissuto in quello stabile, per 21 anni, proprio sopra all'appartamento della Fam. Malacrida. Tra le nostre madri vi fu una grande amicizia.
A Mario Malacrida devo buona parte dei documenti, le foto storiche, ed alcune fondamentali informazioni che ho avuto modo di presentare all'interno di questo mio umile articolo, che senza il suo aiuto non avrebbe mai visto la luce.
Mario sorrideva raramente, ma non dimenticherò mai la gioia che colsi nel suo sguardo quando gli illustrai la mia idea di un articolo sulla storia della sua Famiglia, chiedendo la sua collaborazione, ne fu entusiasta.
Purtroppo Mario non ha fatto a tempo a leggere l'articolo, Mario ci ha lasciato improvvisamente, un mese fa. Aveva solo 68 anni, ed a lui questo articolo è dedicato.
Al Sig. Mario Malacrida
Con riconoscenza
Andrea
2 commenti:
Bellissimo, dettagliato e commovente. Grazie Andrea.
Grazie Paola.
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